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Nuovo obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali

La L. n. 215/2021 ha introdotto un nuovo obbligo di comunicazione per gli imprenditori che intendano avvalersi delle prestazioni di lavoratori autonomi occasionali.

Soggetti committenti interessati:

L’obbligo in questione interessa esclusivamente i committenti che operano in qualità di imprenditori. Sono pertanto esclusi i lavoratori autonomi ed i professionisti.

Lavoratori autonomi occasionali interessati:

La disposizione interessa i lavoratori autonomi occasionali, ossia i lavoratori “si obbligano a compiere verso un corrispettivo

un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del

committente” – e sottoposti, in ragione dell’occasionalità dell’attività, al regime fiscale di cui all’art. 67, comma 1

lett. l), del D.P.R. n. 917/1986.

Lavoratori autonomi esclusi:

– rapporti di natura subordinata;

– le collaborazioni coordinate e continuative;

– le professioni intellettuali in quanto oggetto della apposita disciplina contenuta negli artt. 2229 c.c. ed in genere tutte le attività autonome esercitate in maniera abituale e assoggettate al regime IVA.

Tempistica

Rapporti in essere alla data del 21 dicembre 2022 o iniziati dopo tale data.

Per tutti i rapporti di lavoro in essere alla data dell’11 gennaio 2022 la comunicazione dovrà essere effettuata entro il 18 gennaio p.v. compreso.

Per i rapporti iniziati successivamente a tale data la comunicazione deve essere effettuata prima dell’inizio della prestazione del lavoratore.

Modalità di comunicazione

L’obbligo di comunicazione, da effettuarsi all’Ispettorato territoriale del lavoro del luogo dove si svolge la prestazione, avviene mediante SMS o posta elettronica. Per Treviso la mail dovrà essere indirizzata a ITL.Treviso.occasionali@ispettorato.gov.it

Contenuto della comunicazione

Nel corpo dell’e-mail, senza alcun allegato, dovranno essere riportati:

– dati del committente e del prestatore;

– luogo della prestazione;

– sintetica descrizione dell’attività;

– data inizio prestazione e presumibile arco temporale entro il quale potrà considerarsi compiuta l’opera o il servizio.

Nell’ipotesi in cui l’opera o il servizio non sia compiuto nell’arco temporale indicato, sarà necessario effettuare una nuova comunicazione.

Dato obbligatorio è altresì quello relativo all’ammontare del compenso qualora stabilito al momento dell’incarico.

Annullamento della comunicazione

Una comunicazione già trasmessa potrà essere annullata o i dati indicati potranno essere modificati in qualunque momento antecedente all’inizio dell’attività del prestatore.

Eventuali errori che non compromettano la possibilità di individuare le parti del rapporto, la data di inizio della prestazione o il luogo di svolgimento non possono comunque tradursi in una omissione della comunicazione.

Sanzioni

In caso di violazione degli obblighi si applica la sanzione da euro 500 a euro 2.500 per ciascun lavoratore autonomo occasionale

Il limite di 5.000 Euro annui costituisce la discriminante tra lavoro occasionale ed abituale?

Torno sulla vexata quaestio delle prestazioni occasionali, sollecitato dalla richiesta di un iscritto all’Ordine Ingegneri che, riferendosi ad un pregevole parere espresso da una mia collega, ritiene tuttora sussistente “il limite dei 5.000,00 Euro” e, all’esito di un mio contrastante parere, chiede conto di quale sia la normativa che avrebbe eliminato tale soglia.

Per dare una risposta corretta credo sia opportuno chiarire quale sia la domanda posta. Molto probabilmente la collega ha risposto ad un quesito in merito a quale fosse la soglia di esenzione ai fini contributivi per i lavoratori autonomi occasionali. Ed in effetti il parere, che riporta de plano la pagina del sito Inps, afferma correttamente che i lavoratori autonomi occasionali, a decorrere dal 1° gennaio 2004, sono soggetti ad iscrizione ed agli obblighi contributivi, ma solo per la parte del loro reddito che eccede i 5.000 Euro nell’anno solare.

Le regole riportate nel parere riguardano esclusivamente il trattamento contributivo dei redditi di lavoro autonomo occasionale, ma nulla hanno a che vedere con la qualificazione della natura occasionale di un reddito.

Se, infatti, ci si pone un quesito sulle caratteristiche che deve avere un reddito di lavoro autonomo per essere definito occasionale, la questione cambia sostanzialmente. Il fraintendimento nasce probabilmente dal fatto che, a mio modo impropriamente, fino al 31.12.2015, ai fini della qualificazione dell’occasionalità del lavoro autonomo, usava farsi riferimento all’articolo 61, comma 2, del D. Lgs 276/2003, che riteneva non applicabile la disciplina delle collaborazioni coordinate continuative “alle prestazioni occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare sia superiore a 5 mila euro”. Si ritenne così codificato il limite di 5.000,00 Euro quale soglia entro la quale il reddito dovesse ritenersi occasionale, mentre era considerato abituale una collaborazione che superasse tale limite.

A mio parere tale riferimento, che pure aveva un certo valore in termini di buon senso, non è mai stato vincolante. Anzitutto perché il limite era fissato per le collaborazioni occasionali, caratterizzate dal collegamento funzionale tra il prestatore e la struttura (caso tipico il praticante di studio), ma non valeva per le prestazioni occasionali, ossia per quei lavori saltuari che un soggetto svolge autonomamente. E’ stato altresì autorevolmente affermato (Documento 31/2015 del Centro Studi del Consiglio Nazionale ingegneri “Chiarimenti sulle prestazioni occasionali degli iscritti all’Albo”) che le disposizioni sopra esposte non fossero applicabili per le professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione negli appositi albi professionali, in forza dell’espressa esclusione prevista dal comma 3 dell’articolo 61 della norma citata.

A maggior ragione tale riferimento non è applicabile oggi, poiché l’articolo 2 del Dlgs 81/2015  (“jobs act”) ha disposto che “dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”, abrogando di fatto le norme sulla collaborazione a progetto.

Resto comunque convinto che il limite di cui sopra non abbia mai costituito un parametro per discriminare tra lavoro occasionale e abituale: lo testimonia la stessa pagina dell’Inps riportata nel parere della collega la quale, nel prevedere l’assoggettamento a contribuzione delle prestazioni di lavoro autonomo occasionale eccedenti i 5.000,00 Euro, di fatto ammette che un reddito possa essere ritenuto occasionale pur eccedendo tale il limite.

La qualificazione dell’occasionalità o dell’abitualità deve quindi essere fatta tornare nel suo alveo naturale, che è il Dpr 633/72 in materia di Iva. Se, infatti, si discute sul tema è perché l’articolo 5 della suddetta norma definisce l’esercizio di arti e professioni “l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche (…)”. E’ l’abitualità (e non l’esclusività), quindi, a costituire il discrimine tra soggetti obbligati all’apertura della partita Iva e lavoratori autonomi occasionali.

Liberati (o orfani) di qualsiasi riferimento quantitativo, la qualifica va fatta secondo un criterio descrittivo. A tal fine ritengo esauriente la definizione fornita dal Centro Studi del Consiglio Nazionale Ingegneri nel citato documento 31/2015, che gli obblighi di possedere la partita Iva “vengono meno solo nel caso in cui gli iscritti ad un Albo professionale non svolgano lavoro autonomo in modo abituale, regolare, sistematico e ripetitivo e che, nello stesso tempo, intendano svolgere una prestazione occasionale, ovvero una prestazione non ripetitiva, svolta una volta ogni tanto, senza vincolo di subordinazione con il committente e caratterizzata anche dall’elemento dell’episodicità”.

Per quanto sopra esposto credo dovrebbe chiarirsi con l’ingegnere quale fosse il suo quesito: se fosse indirizzato a conoscere il limite per l’esenzione dalla contribuzione Inps è corretto il riferimento ai 5.000 Euro, mentre se volesse sapere entro che limite un reddito può definirsi occasionale devo purtroppo riferire che non esistono limiti certi, ma che si dovrà riferirsi ai criteri descrittivi sopra riportato.

Concludo con la considerazione che la ricerca del limite dell’occasionalità è oggi un falso problema, poiché nella maggioranza dei casi, con l’introduzione del regime forfettario, la tassazione è più moderata con il possesso della partita Iva rispetto alla prestazione occasionale. Nel dubbio, quindi, l’opzione per il regime forfettario diventa una scelta virtuosa.

Paolo Dalle Carbonare, 29 novembre 2016

Lavoro autonomo occasionale

Treviso, 16 gennaio 2015
Oggetto: lavoro autonomo occasionale.
.
Ho letto la Circolare del Centro Studi che mi trova pienamente d’accordo sulle conclusioni, anche se non pienamente sulla costruzione logico-giuridica, in quanto secondo me confonde in parecchi punti i concetti di “prestazione occasionale” e di “collaborazione occasionale”, a mio parere sostanzialmente diversi.
La Circolare citata, che non presenta contenuti innovativi, conclude che siano possibile per il professionista iscritto all’Ordine effettuare prestazioni professionali occasionali, a condizione che le stesse assumano carattere di eventualità, secondarietà ed episodicità. Sul punto concordo pienamente ed in tal senso ho sempre dato indicazione ai Vostri iscritti, sia con pareri verbali che scritti.
Più complesso, stante l’assenza di definizione normativa, è stabilire quando siano verificati i tre caratteri sopra descritti che determinano l’occasionalità della prestazione, relativamente ai quali, a mio parere, ci si deve appellare al buon senso.
Il contenuto della Circolare si riferisce alle prestazioni professionali occasionali e non allo svolgimento della libera professione in forma continuativa, con attribuzione della partita Iva, da parte di soggetti impegnati in lavoro dipendente di tipo privatistico. Relativamente a questi casi è mia opinione che la presenza di un lavoro dipendente non osti all’esercizio della professione: l’unico limite è il divieto di concorrenza che il professionista ha nei confronti della società che lo ha assunto.
Resto a disposizione per le ulteriori informazioni del caso e, con l’occasione, porgo cordiali saluti.
Paolo Dalle Carbonare

Disegnatore nello studio altrui: non paga Irap

Il disegnatore con ufficio presso lo studio di un architetto non versa Irap.

Sentenza CTP Treviso 28.09.2010, n. 142

Prestazioni occasionali

Treviso, 16 aprile 2010

Quesito
Buongiorno egregio Dottore,
Volevo chiederLe un’informazione.
Ho svolto una prestazione occasionale da libero professionista (sono iscritto all’ordine degli Ingegneri di Xxxxxx) per un importo poco inferiore a 5000 euro.
Volevo sapere se, dato il fatto che questa prestazione è secondaria rispetto al mio reddito principale, e che la collaborazione è meramente occasionale, devo rilasciare ricevuta con ritenuta d’acconto pari al 20% oppure se sono esente dalla ritenuta d’acconto.
Attendendo Vs. cortese riscontro, Le porgo i più distinti saluti.
Risposta
Il quesito non indica quale sia la sua occupazione. Ritengo comunque che la sua attività principale sia svolta in forma di dipendente.
Purtroppo la normativa vigente non indica dei parametri certi per discriminare tra prestazione occasionale ed attività abituale di lavoro autonomo. La soglia dei 5.000 euro alla quale lei fa riferimento serve (unitamente alla durata inferiore ai 30 giorni) ad identificare le collaborazioni occasionali (nelle quali il prestatore stabilisce una connessione organica con il committente) e non le prestazioni occasionali.
Se comunque, come appare dal tenore del quesito, la prestazione resa è veramente occasionale, il compenso sarà assoggettato a ritenuta d’acconto del 20%, salvo il caso di prestazione effettuata nei confronti di committente privato (non avente partita IVA).
Il reddito percepito dovrà essere indicato nel quadro RL del Modello Unico.
A disposizione per ulteriori puntualizzazioni, porgo distinti saluti.
Paolo Dalle Carbonare

Prestazioni occasionali

Quesito
Buongiorno egregio Dottore,
Volevo chiederLe un’informazione.
Ho svolto una prestazione occasionale da libero professionista (sono iscritto all’ordine degli Ingegneri di Xxxxxx) per un importo poco inferiore a 5000 euro.
Volevo sapere se, dato il fatto che questa prestazione è secondaria rispetto al mio reddito principale, e che la collaborazione è meramente occasionale, devo rilasciare ricevuta con ritenuta d’acconto pari al 20% oppure se sono esente dalla ritenuta d’acconto.
Attendendo Vs. cortese riscontro, Le porgo i più distinti saluti.

 

Risposta
Il quesito non indica quale sia la sua occupazione. Ritengo comunque che la sua attività principale sia svolta in forma di dipendente.
Purtroppo la normativa vigente non indica dei parametri certi per discriminare tra prestazione occasionale ed attività abituale di lavoro autonomo. La soglia dei 5.000 euro alla quale lei fa riferimento serve (unitamente alla durata inferiore ai 30 giorni) ad identificare le collaborazioni occasionali (nelle quali il prestatore stabilisce una connessione organica con il committente) e non le prestazioni occasionali.
Se comunque, come appare dal tenore del quesito, la prestazione resa è veramente occasionale, il compenso sarà assoggettato a ritenuta d’acconto del 20%, salvo il caso di prestazione effettuata nei confronti di committente privato (non avente partita IVA).
Il reddito percepito dovrà essere indicato nel quadro RL del Modello Unico.
A disposizione per ulteriori puntualizzazioni, porgo distinti saluti.
Paolo Dalle Carbonare

Collaborazioni occasionali

Treviso, 25 novembre 2005
OGGETTO: quesito qualificazione collaborazioni occasionali
Il Vostro iscritto desidera sapere se un ingegnere, chiamato a svolgere dei
corsi, possa qualificare il suo reddito quale prestazione occasionale e se, ai fini del
superamento dei limiti previsti dalla legge Biagi per la qualificazione di
collaborazione occasionale (compenso inferiore ad € 5.000, durata fino a 30 giorni)
debbano intendersi i giorni intercorrenti tra l’inizio e la fine del corso ovvero il
numero di giornate di insegnamento effettivamente prestate.
Ritengo importante riepilogare i lineamenti essenziali delle prestazioni
occasionali nel nostro ordinamento. Occorre anzitutto distinguere le prestazioni
meramente occasionali dalle prestazioni occasionali coordinate.
1. Prestazioni meramente occasionali (Art. 2222 e ss. C. C.): si tratta di una
prestazione a carattere singolare, episodico, realizzata in assenza di continuità e
coordinamento con la struttura del committente. Il lavoratore svolge in piena
autonomia la prestazione.
2. Prestazioni occasionali coordinate (Art. 61, c. 2, D.Lgs 276/03): è un
particolare tipo di “collaborazioni coordinate e continuative a progetto”,
caratterizzate da un limite temporale (durata non superiore a 30 giorni) e di
compenso (non superiore a € 5.000). Sono anche caratterizzate dalla
coordinazione con il committente e l’inserimento funzionale nell’organizzazione.
Fatta questa opportuna precisazione ritengo che, per rispondere nel merito
alle domande del Vostro iscritto, sia anzitutto importante definire in quale fattispecie
ci si trovi. Ritengo che la collaborazione descritta dal vostro iscritto sia da inquadrare
tra le prestazioni occasionali coordinate, non trattandosi di prestazione a carattere
singolare ed episodico, né tantomeno svolta senza organizzazione del committente.
Inquadrata come sopra la fattispecie si ritiene, quanto alla prima domanda
dell’iscritto, che sia possibile inquadrare i compensi percepiti dall’iscritto quali
compensi per prestazioni occasionali coordinate, a patto che lo stesso già non svolga
professionalmente (con partita IVA) la professione di ingegnere, nel qual caso
sarebbe necessaria l’emissione di fattura e l’assoggettamento del compenso alla
disciplina dei redditi di lavoro autonomo.
Più complessa la risposta alla seconda domanda, volta a conoscere la corretta
interpretazione da dare alla “durata non superiore a 30 giorni” prevista dalla norma.
L’iscritto chiede se si debba far riferimento ai giorni di insegnamento effettivi o ai
giorni intercorrenti fra l’inizio e la fine del corso. In mancanza di interpretazione
autentica da parte dell’INPS, la dottrina si è pronunciata sia in un senso che
nell’altro. A mio modesto avviso si tratta di indagare la natura del rapporto di
prestazione occasionale coordinata, che appare una sottospecie delle collaborazioni a
progetto, qualificata da uno svolgimento in un lasso di tempo inferiore. Per questo
motivo a mio parere il numero di giorni da conteggiare è quello intercorrente tra
l’inizio e la fine del corso. Diversamente si correrebbe il rischio di qualificare come
“occasionale” un rapporto che preveda un impiego del lavoratore per due giorni al
mese per dodici mesi l’anno. Tale ultima fattispecie andrebbe, ovviamente,
inquadrata tra le collaborazioni a progetto.
Resto a disposizione per le ulteriori informazioni del caso e, con l’occasione,
porgo cordiali saluti.

Prestazioni occasionali

Treviso, 5 luglio 2003
OGGETTO: quesito su prestazioni occasionali.
Faccio seguito alla richiesta del Vostro iscritto che richiede un parere in
merito alla possibilità di effettuare una perizia su di un immobile pur non
essendo in possesso di partita IVA.
L’articolo 5 del D.P.R. 633/72, in materia di esercizio di arti e
professioni, stabilisce che è soggetto al tributo IVA (…) l’esercizio per
professione abituale, ancorchè non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro
autonomo (…). L’elemento decisivo per definire l’obbligatorietà di apertura di
una partita IVA è pertanto l’abitualità della professione (e non, nota bene,
l’esclusività), criterio spesso di complessa individuazione. La qualificazione
del reddito deve, pertanto, essere fatta caso per caso e non può essere
determinata a priori.
Autorevole dottrina ha affermato che per abitualità si intende una (…)
attività stabile, duratura, svolta sistematicamente, anche se non in modo
permanente e senza interruzione (…). Sono inoltre da tenere in considerazione
alcune importanti pronunce della Corte di Cassazione, nelle quali si sostiene
che la qualifica di professionisti abituali in campo fiscale può determinarsi
anche dall’esistenza di un solo affare, in considerazione delle molteplici e
sistematiche operazioni che la sua realizzazione comporta.
Per quanto sopra esposto ritengo che la stesura di una singola perizia
non faccia scattare l’obbligo di apertura di una partita IVA, potendosi ravvisare
nell’attività da svolgere il requisito dell’occasionalità. Il Vostro iscritto potrà
pertanto qualificare il compenso percepito fra quelli di lavoro autonomo svolti
occasionalmente, assoggettandolo a ritenuta d’acconto nella misura del 20% e
dichiarandolo nel quadro L del Modello Unico dell’anno di riferimento.
Resto a disposizione per le ulteriori informazioni che dovessero
necessitare in materia e, con l’occasione, porgo cordiali saluti.
Paolo Dalle Carbonare

Prestazione occasionale

Treviso, 5 luglio 2003
OGGETTO: quesito su prestazioni occasionali.
Faccio seguito alla richiesta del Vostro iscritto che richiede un parere in
merito alla possibilità di effettuare una perizia su di un immobile pur non
essendo in possesso di partita IVA.
L’articolo 5 del D.P.R. 633/72, in materia di esercizio di arti e
professioni, stabilisce che è soggetto al tributo IVA (…) l’esercizio per
professione abituale, ancorchè non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro
autonomo (…). L’elemento decisivo per definire l’obbligatorietà di apertura di
una partita IVA è pertanto l’abitualità della professione (e non, nota bene,
l’esclusività), criterio spesso di complessa individuazione. La qualificazione
del reddito deve, pertanto, essere fatta caso per caso e non può essere
determinata a priori.
Autorevole dottrina ha affermato che per abitualità si intende una (…)
attività stabile, duratura, svolta sistematicamente, anche se non in modo
permanente e senza interruzione (…). Sono inoltre da tenere in considerazione
alcune importanti pronunce della Corte di Cassazione, nelle quali si sostiene
che la qualifica di professionisti abituali in campo fiscale può determinarsi
anche dall’esistenza di un solo affare, in considerazione delle molteplici e
sistematiche operazioni che la sua realizzazione comporta.
Per quanto sopra esposto ritengo che la stesura di una singola perizia
non faccia scattare l’obbligo di apertura di una partita IVA, potendosi ravvisare
nell’attività da svolgere il requisito dell’occasionalità. Il Vostro iscritto potrà
pertanto qualificare il compenso percepito fra quelli di lavoro autonomo svolti
occasionalmente, assoggettandolo a ritenuta d’acconto nella misura del 20% e
dichiarandolo nel quadro L del Modello Unico dell’anno di riferimento.
Resto a disposizione per le ulteriori informazioni che dovessero
necessitare in materia e, con l’occasione, porgo cordiali saluti.
Paolo Dalle Carbonare

Prestazioni occasionali

Treviso, 5 luglio 2003

OGGETTO: quesito su prestazioni occasionali.

Faccio seguito alla richiesta del Vostro iscritto che richiede un parere in
merito alla possibilità di effettuare una perizia su di un immobile pur non
essendo in possesso di partita IVA.
L’articolo 5 del D.P.R. 633/72, in materia di esercizio di arti e
professioni, stabilisce che è soggetto al tributo IVA (…) l’esercizio per
professione abituale, ancorchè non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro
autonomo (…). L’elemento decisivo per definire l’obbligatorietà di apertura di
una partita IVA è pertanto l’abitualità della professione (e non, nota bene,
l’esclusività), criterio spesso di complessa individuazione. La qualificazione
del reddito deve, pertanto, essere fatta caso per caso e non può essere
determinata a priori.
Autorevole dottrina ha affermato che per abitualità si intende una (…)
attività stabile, duratura, svolta sistematicamente, anche se non in modo
permanente e senza interruzione (…). Sono inoltre da tenere in considerazione
alcune importanti pronunce della Corte di Cassazione, nelle quali si sostiene
che la qualifica di professionisti abituali in campo fiscale può determinarsi
anche dall’esistenza di un solo affare, in considerazione delle molteplici e
sistematiche operazioni che la sua realizzazione comporta.
Per quanto sopra esposto ritengo che la stesura di una singola perizia
non faccia scattare l’obbligo di apertura di una partita IVA, potendosi ravvisare
nell’attività da svolgere il requisito dell’occasionalità. Il Vostro iscritto potrà
pertanto qualificare il compenso percepito fra quelli di lavoro autonomo svolti
occasionalmente, assoggettandolo a ritenuta d’acconto nella misura del 20% e
dichiarandolo nel quadro L del Modello Unico dell’anno di riferimento.
Resto a disposizione per le ulteriori informazioni che dovessero
necessitare in materia e, con l’occasione, porgo cordiali saluti.
Paolo Dalle Carbonare