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Fatture fittizie: il proscioglimento penale va valutato dal giudice tributario


Il giudice tributario non può escludere, nel caso di presunti reati relativamente all’utilizzo di fatture oggettivamente inesistenti, l’efficacia delle sentenze penali di proscioglimento nel processo dovendo, per contro, effettuare una valutazione preventiva in base agli ulteriori risultati istruttori, anche di natura presuntiva. Con sentenza 5 luglio 2018, n. 17619, la Suprema Corte ha stabilito che, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti, il giudice deve sempre effettuare un adeguato apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli altri elementi di prova acquisiti nel corso del giudizio.

Cassazione, 5 luglio 2018, n. 17619

 

 

Fonte: Il Sole 24 Ore

 

L’Amministrazione deve provare l’oggettiva inesistenza dell’operazione

In caso di contestazione di emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, l’Agenzia delle Entrate deve provare l’inesistenza dell’operazione economica e non l’esistenza di un ragionevole sospetto in ordine all’inesistenza stessa.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza 11 novembre 2015, n. 23065, secondo la quale, sul piano probatorio, «qualora l’amministrazione contesti l’indebita detrazione di fatture, relative ad operazioni inesistenti, spetta alla stessa, adducendo la falsità del documento e quindi l’inesistenza di un maggior imponibile, provare che l’operazione commerciale in realtà non è stata mai posta in essere, anche attraverso elementi presuntivi».

Non è quindi sufficiente la prova da parte dell’amministrazione finanziaria di un «ragionevole sospetto in ordine all’inesistenza dell’operazione economica», ma occorre che la stessa fornisca in giudizio la prova della «inesistenza dell’operazione, anche mediante presunzioni».

Cassazione, sentenza 11 novembre 2015, n. 23065

Spetta all’Amministrazione Finanziaria la prova dell’inesistenza dell’inesistenza soggettiva dell’operazione

Incombe sull’Ente verificatore l’onere della prova della conoscenza (o della possibilità di conoscenza) da parte del contribuente, al momento dell’acquisto del bene, di essere partecipe di un’operazione fraudolenta posta in essere da altri soggetti. Spetta invece al contribuente provare l’ignoranza incolpevole della partecipazione all’operazione fraudolenta.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza depositata 10 giugno 2015, n. 12017.

Corte di Cassazione, sentenza 17.03.2015, n. 12017

Spetta al Fisco provare l’inesistenza delle operazioni fatturate

E’ a carico dell’Ente accertatore l’onere di provare l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. L’assolvimento dell’onere probatorio deve essere valutato dal giudice, che deve motivare in sentenza le ragioni che lo hanno indotto a tale convinzione.

Lo ha stabilito la Corte di cassazione con sentenza 17 aprile 2015, n. 7845.

Spetta al contribuente la prova nelle “frodi carosello”

Nelle frodi carosello l’acquirente dimostra la sua estraneità se dimostra che le condizioni economiche applicate dal fornitore sono analoghe a quelle adottate da fornitori terzi.

Lo ha sancito la Commissione Tributaria Regionale di Genova nella sentenza del 10 dicembre 2014, n. 69,

CTR Liguria 10.12.2014, n. 69