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Compatibilità tra amministrazione e lavoro dipendente nella stessa società: l’Inps indica i requisiti

Con il messaggio n. 3359 del 17 settembre 2019, l’Inps è ritornata sulla vexata quaestio della compatibilità tra la titolarità di cariche sociali e l’instaurazione di un rapporto di lavoro dipendente in capo alla stesa società.

L’istituto compie un ampio excursus sull’evoluzione delle impostazioni in materia, ricordando che sin dagli anni ’90 la giurisprudenza della Suprema Corte ha sancito che l’incarico per lo svolgimento di un’attività gestoria, come quella dell’amministratore, in una società di capitali non esclude astrattamente la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato.

L’Inps conclude il proprio messaggio prevedendo che la valutazione della compatibilità dello status di amministratore di società di capitali (il riferimento è alle sole tipologie di cariche ritenute in astratto ammissibili) con lo svolgimento di attività di lavoro subordinato presuppone l’accertamento in concreto, caso per caso, della sussistenza delle seguenti condizioni:

  • che il potere deliberativo (come regolato dall’atto costitutivo e dallo statuto), diretto a formare la volontà dell’ente, sia affidato all’organo (collegiale) di amministrazione della società nel suo complesso e/o ad un altro organo sociale espressione della volontà imprenditoriale il quale esplichi un potere esterno;
  • che sia fornita la rigorosa prova della sussistenza del vincolo della subordinazione (anche, eventualmente, nella forma attenuata del lavoro dirigenziale) e cioè dell’assoggettamento del lavoratore interessato, nonostante la carica sociale, all’effettivo potere di supremazia gerarchica (potere direttivo, organizzativo, disciplinare, di vigilanza e di controllo) di un altro soggetto ovvero degli altri componenti dell’organismo sociale a cui appartiene; il soggetto svolga, in concreto, mansioni estranee al rapporto organico con la società; in particolare, deve trattarsi di attività che esulino e che pertanto non siano ricomprese nei poteri di gestione che discendono dalla carica ricoperta o dalle deleghe che gli siano state conferite.

IL MESSAGGIO DELL’INPS: messaggio-inps-n-3359-del-17-settembre-2019

Compatibilità tra lavoro dipendente e lavoro autonomo

Treviso, 3 febbraio 2005

OGGETTO: quesito su compatibilità tra lavoro dipendente e lavoro autonomo

Il Vostro iscritto chiede se, quale dipendente di un’azienda privata, può fare
consulenze anche per altre aziende e, in caso di risposta affermativa, quali sono gli
inquadramenti possibili.
Un lavoratore dipendente può effettuare attività di consulenza ad altre
imprese a due condizioni:
– Che il suo contratto di lavoro non lo escluda;
– Che sia rispettato l’obbligo di fedeltà previsto dall’articolo 2105 del codice
civile, il quale impone che il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per
conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie
attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso
in modo da poter recare ad essa pregiudizio.
Il lavoratore dipendente, rispettati i due requisiti sopra esposti, può esercitare
attività di consulenza anche per altre aziende. L’attività può essere inquadrata come
collaborazione coordinata continuativa (solo per gli iscritti all’ordine che esercitino
attività di ingegnere), collaborazione a progetto, collaborazione occasionale o
prestazione occasionale.
Ritengo di non avere dati sufficienti per poter suggerire il miglior
inquadramento, che deve essere scelto in funzione di:
– Numero di committenti, durata dell’incarico e compenso percepito dal singolo
committente;
– Fatturato previsto o atteso;
– Ammontare di costi sostenuti per lo svolgimento dell’attività;
– Possesso dei requisiti minimi di ammissione al regime delle nuove iniziative
produttive.
Solo dopo una attenta valutazione degli aspetti elencati è possibile consigliare
il tipo di inquadramento fiscalmente più conveniente.
Cordiali saluti.
Paolo Dalle Carbonare