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Niente sequestro preventivo per il reato di falsa testimonianza in un processo per usucapione

L’articolo 321 c.p.p. prevede che possa essere disposto il sequestro conservativo nei casi in cui vi sia pericolo che la disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze dello stesso. Il provvedimento cautelare può essere ordinato, pertanto, a condizione che tra il bene sequestrato ed il reato contestato vi sia un rapporto di pertinenzialità. La legittimità del provvedimento è quindi subordinata alla condizione che i beni sequestrati siano in rapporto con la fattispecie criminosa concreta contestata. Il fine del sequestro è, infatti, esclusivamente cautelare, essendo volto ad evitare che la disponibilità della cosa possa consentire di aggravare o protrarre le conseguenze del reato, o evitare la commissione di ulteriori reati. E’ illegittimo, invece, il sequestro preventivo quando ciò non avviene, come accade nel caso del delitto di cui all’articolo 372 c.p., che non prevede alcuna relazione con i beni. Il reato di falsa testimonianza, infatti, è un delitto contro l’amministrazione della giustizia che si perfeziona nei casi in cui un soggetto affermi il falso o neghi il vero davanti all’Autorità Giudiziaria. Il reato, pertanto, si perfeziona con la semplice condotta che comporti la falsità della testimonianza. Non necessita, in alcun caso, il rapporto con un bene. La semplice circostanza che la testimonianza abbia ad oggetto un bene, non vale a stabilire tra lo stesso ed il reato il rapporto pertinenziale richiesto dall’articolo 321 c.p.p. ai fini della legittimità dell’emissione del provvedimento cautelare.   Il principio è stato recentemente confermato dalla Suprema Corte, che ha sentenziato l’illegittimità di un “sequestro preventivo di un terreno, oggetto di un giudizio per usucapione, disposto in relazione al reato di falsa testimonianza contestato ai testi escussi in esso, difettando qualsiasi rapporto di pertinenzialità tra il reato ipotizzato ed il bene” (Cassazione 13 febbraio 2019, n. 11164).

La sentenza:

corte-di-cassazione-13-febbraio-2019-n-11164