Furto di contabilità e accertamento induttivo (Cass. 27.01.2010, n. 1650)
Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza 27 gennaio 2010, n. 1650
Svolgimento del processo
La societa’ contribuente sopra indicata impugnava l’avviso di rettifica IVA, per omessa fatturazione di operazioni di cessione e per indebita detrazione d’imposta sugli acquisti per il periodo in contestazione, emesso dall’Ufficio finanziario a seguito di accertamento induttivo, sul presupposto della mancata esibizione della documentazione amministrativo – contabile, che la contribuente assumeva essere stata oggetto di furto denunziato agli organi di Polizia.
La C.T.P. accoglieva il ricorso. La C.T.R. respingeva l’appello dell’Ufficio, affermando che l’accertamento induttivo era illegittimo in quanto il l.r. della societa’ non si era mai rifiutato di esibire le scritture contabili, ne’ le aveva sottratte all’ispezione, avendo sin dall’inizio della verifica dichiarato che tutta la documentazione era stata rubata, sicche’ la mancata esibizione era ascrivibile a forza maggiore e non era stata accertata alcuna negligenza a carico del soggetto; ne’ le presunzioni semplici indicate dalla Guardia di Finanza erano gravi precise e concordanti; in ordine alla non detraibilita’ dei costi, il contribuente aveva cercato di ricostruire le scritture rubate, ma la mancata collaborazione dei fornitori e dei clienti comunitari aveva vanificato qualsiasi tentativo, essendo stata acquisita solo la copia di alcune fatture, con la conseguenza che l’Ufficio, nel ricostruire induttivamente il volume di affari, avrebbe dovuto considerare anche i costi e le detrazioni relative agli acquisti, non essendo corretto ritenerli indeducibili dopo averne accertato la provenienza e l’inerenza.
Avverso detta sentenza ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate. La parte intimata resiste con controricorso.
Motivi della decisione
Rileva, anzitutto la Corte che, nel giudizio di cassazione, che e’ dominato dall’impulso d’ufficio, non trova applicazione l’istituto della interruzione del processo per uno degli eventi previsti dagli artt. 299 e segg. c.p.c., onde, una volta instauratosi il giudizio, il decesso di uno dei ricorrenti, comunicato, come nella specie, dal suo difensore, non produce l’interruzione del giudizio (Cass. S.U. n. 14385/07; Cass. n. 12967/08).
Con il primo motivo, la parte erariale, sotto la rubrica di carenza di motivazione su punto decisivo e violazione ed erronea interpretazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, deduce, con varie argomentazioni, che la decisione impugnata, anziche’ concludere per la sussistenza dei presupposti dell’accertamento induttivo in rettifica, aveva del tutto illogicamente affermato che il contribuente non aveva rifiutato di esibire, ne’ aveva sottratto ad ispezione i registri previsti dalla normativa fiscale, motivando che detta documentazione gli era stata sottratta, senza analizzare se il contribuente aveva adempiuto agli obblighi d’informazione (verso l’amministrazione) e di attivazione nella ricostruzione della documentazione a supporto della dichiarazione presentata, ne’ se detto comportamento omissivo sostanziasse almeno l’ipotesi di sottrazione all’ispezione della documentazione medesima.
Con il secondo motivo, l’Agenzia, deducendo violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. da 21 a 25, 39 e 52 e art. 2697 c.c. in rel. art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, lamenta che la sentenza impugnata non avrebbe motivato sull’inosservanza degli obblighi strumentali e dell’onere probatorio a carico del contribuente IVA, da parte del quale ribadisce, nella specie, l’omessa comunicazione del furto e la mancata ricostruzione della documentazione contabile, restando cosi’ generiche le affermazioni contrastanti l’esistenza e la completezza dei rapporti commerciali intrattenuti con i fornitori risultanti dal p.v.c..
Con il terzo motivo, deducendo violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 55, artt. 2697, 2725 e 2724 c.c. ed omessa motivazione, la parte erariale lamenta che la decisione impugnata non avrebbe considerato che la detrazione avrebbe potuto essere riconosciuta anche ove l’intera contabilita’ fosse andata perduta o distrutta incolpevolmente, ma solo nei limiti in cui fosse stato possibile ricostruire il volume di affari e degli acquisti; nell’ipotesi, la mancata acquisizione alla verifica della contabilita’
oggetto di furto non aveva determinato un onere in capo all’Ufficio di dimostrare la non corrispondenza delle operazioni contestate alla realta’, incombendo al contribuendo la dimostrazione delle stesse con mezzi adeguati; l’assenza di ricostruzione dettagliata da parte del contribuente degli importi detratti aveva legittimato l’operato dei verificatori, che avevano utilizzato i risultati delle ricerche all’Anagrafe tributaria e dei questionari per ricostruire i rapporti dei clienti e dei fornitori per ricostruire i rapporti economici degli stessi con la societa’ contribuente. In controricorso, la parte contribuente chiede dichiararsi inammissibile o respingersi il ricorso.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente, stante l’intima connessione delle rispettive argomentazioni.
Il ricorso si rivela fondato.
Secondo il consolidato orientamento di questa S.C., nella disciplina dell’IVA, di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, la deducibilita’ dell’imposta pagata dal contribuente (in sede di rivalsa) per l’acquisizione di beni o servizi inerenti all’esercizio dell’impresa (art. 19) postula che il contribuente stesso sia in possesso delle relative fatture, le annoti in apposito registro (art. 25), ed inoltre conservi le une e l’altro (art. 39); l’ufficio, in presenza di una denuncia annuale che faccia valere le suddette poste a credito, e’ legittimato ed e’ tenuto all’accertamento in rettifica, depennando tali poste, ove non trovino rispondenza in quelle fatture ed in quel registro (art. 54, comma 2). Detta disciplina, quindi, si conforma al criterio secondo cui la dimostrazione dei fatti costitutivi di un credito deve essere offerta da chi lo faccia valere, e, sul piano probatorio, introduce limitazioni ai mezzi di prova, esigendo atti scritti, compilati e tenuti con specifiche modalita’. La citata normativa, peraltro, non si occupa dell’ipotesi dell’incolpevole impossibilita’ di produrre gli indicati scritti (come nella specie, per averne denunziato il furto). Pertanto, ove il contribuente dimostri di essere nell’impossibilita’ di acquisire presso i fornitori dei beni o dei servizi copia delle fatture, si deve fare riferimento alla regola generale fissata dall’art. 2724 c.c., n. 3. Secondo tale disposizione la perdita senza colpa del documento, che occorra alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole, non integra ragione di esenzione dall’onere della prova, ne’ sposta il medesimo sulla controparte, ma rileva esclusivamente come situazione che autorizza la prova per testimoni (o per presunzioni), in deroga ai limiti per essa previsti. In applicazione della suddetta norma, e’ da ritenersi che l’incolpevole perdita della contabilita’ non introduca una presunzione di veridicita’ di quanto in proposito denunciato dal contribuente agli organi di polizia, si’ che un’autodichiarazione del contribuente avente ad oggetto un elenco di dette fatture, ancorche’ dettagliato, e’ insufficiente al fine, dovendo tale indizio trovare conferma testimoniale o presuntiva, se non e’ possibile il riscontro con le fatture emesse tramite la tenuta della regolare contabilita’ del soggetto emittente delle stesse (Cass. n. 18019/09, 9919/08, 21233/06, 13605/03).
Pertanto il riferimento alla “forza maggiore” – determinata secondo la contribuente dal furto che avrebbe impedito la produzione della “contabilita’” alla Guardia di Finanza – effettuato dal giudice di secondo grado integra, oltre che il vizio di motivazione di cui al secondo motivo, anche un palese errore di diritto in ordine alla disciplina della sussistenza dei presupposti dell’accertamento induttivo, perche’ l’affermazione contrasta con i riferiti principi, reiteratamente affermati da questa Corte e da ribadire, non essendo emerse convincenti argomentazioni contrarie. Nella specie, il soggetto avrebbe dovuto provare di avere smarrito incolpevolmente i documenti ed, al fine di fornire tale dimostrazione, non era sufficiente la deduzione di aver denunziato il furto della stessa.
E’ stato, peraltro, puntualizzato che la perdita incolpevole della documentazione, di per se’ ed in assenza di elementi di riscontro, non puo’ giustificare i costi: l’onere di provare i fatti che legittimano il riconoscimento dei costi grava sul contribuente; quando costui non e’ in grado di dimostrare la fonte che giustifica la detrazione per avere denunciato un furto della contabilita’, non spetta all’amministrazione di operare un esame incrociato dei dati contabili ma al contribuente di attivarsi, attraverso la ricostruzione del contenuto delle fatture emesse; con l’acquisizione, presso i fornitori, della copia delle medesime (Cass n. 9919/08, cit.); ne’ una denuncia di furto e’ di per se stessa sufficiente a dare prova dei fatti controversi, se priva della precisa indicazione riguardante le singole fatture e il loro contenuto (Cass. n. 13605/03, cit.).
Da tali principi discende, altresi’, l’erroneita’ della tesi – anch’essa accolta nella sentenza impugnata –
per la quale la denunzia di furto (come di smarrimento o di perdita incolpevole) della documentazione contabile esoneri il contribuente dall’obbligo di provare la deducibilita’ dei costi, esposti in dichiarazione, che si assume desumibile da quella documentazione.
La sentenza impugnata, che non si e’ uniformata ai principi in precedenza enunciati ed ha, di conseguenza, erroneamente ritenuto insussistenti i presupposti dell’accertamento induttivo, deve essere annullata, con rinvio della controversia, per nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio, ad altra Sezione della medesima C.T.R..
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della C.T.R. Campania.