La revisione delle rendite catastali deve essere dettagliatamente motivata

La revisione delle rendite catastali  effettuata sulla base dell’articolo 1, comma 335 della legge 311/2004 (che consente ai Comuni di chieder all’Agenzia delle Entrate la revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata ubicate in microzone comunali dove il rapporto tra valore medio di mercato e corrispondente valore medio catastale ai fini Imu presente sul territorio comunale si discosti «significativamente») deve essere seguita con la massima esattezza. In tal senso non sono ammesse revisioni massive.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza 22671 depositata il giorno 11 settembre 2019, che ha precisato che in tali casi occorre specificare quali dati siano stati usati per determinare «il valore medio di mercato» della microzona, usando i prezzi delle compravendite e, se sono impiegati altri fattori («urbanistici, ambientali o simili»), se ne deve provare «la sussistenza e l’efficacia». Inoltre, il calcolo del valore catastale medio va fatto «sulla base dei valori medi delle singole unità» e non «dei valori medi delle singole microzone».

Fonte: Il quotidiano del Diritto, 12 settembre 2019

LA SENTENZA: cassazione-11-settembre-2019-n-22671

Va motivato l’atto di classamento che attribuisce una nuova rendita

L’atto di classamento che attribuisce una nuova rendita catastale deve essere idoneamente motivato. Dal provvedimento devono emergere gli elementi in base ai quali l’attribuzione di rendita si è resa necessaria.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza 6593/15 depositata il giorno 1 aprile 2015 , nella quale i giudici, basandosi sull’articolo 7 della legge 212/2000, hanno ricordato che il provvedimento deve “essere motivato in termini che esplicitino in maniera intellegibile le specifiche giustificazioni della riclassificazione concretamente operate” evitando però che “esso si risolva in un insieme di espressioni generiche, adattabili a qualsivoglia situazione di fatto e di diritto, mediante le quali l’ufficio sembra far coincidere la motivazione del provvedimento con la fonte normativa che ne consente l’emanazione”.

Cassazione, sentenza 6593-15