Il comodante paga le imposte sui canoni di locazione dell’immobile affittato dal comodatario

Non è raro il caso di concessione in comodato di un immobile, con facoltà di locazione a terzi dello stesso. E’, ad esempio, il caso dei genitori che concedano in comodato un immobile ai figli, consentendo loro di locarlo a terzi trattenendo il canone di locazione. 

Nonostante il reddito derivante dalla locazione sia attribuito al comodatario, sarà il comodante proprietario dell’immobile a dover dichiarare tali redditi. Ciò in forza della chiara previsione dell’articolo 26 del Tuir, che prevede I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale (…)”.

Ne consegue che  il contratto di comodato non trasferisce la titolarità del reddito fondiario comodante al comodatario poiché il contratto, disciplinato dagli artt. 1803 e ss. c.c., ha effetti “obbligatori” e non “reali” e fa nascere, a favore del comodatario, cioè di colui che riceve in comodato il bene, un diritto “personale” di godimento sulla cosa concessa in comodato, e non un “altro diritto reale”.

Per questo motivo, anche nel caso in cui il comodatario stipuli, quale locatore, un contratto di locazione, la titolarità del reddito fondiario non viene trasferita dal proprietario-comodante al comodatario-locatore, per cui il reddito effettivo del fabbricato deve essere imputato, anche in quest’ipotesi, al proprietario dell’immobile.

La soluzione è stata più volte avvalorata dall’Agenzia delle Entrate, da ultimo con Risoluzione  22 ottobre 2008, n. 394/E.

 

LA RISOLUZIONE: risoluzione-22-ottobre-2008-n-394

 

 

Sulla responsabilità medica parola alle Sezioni Unite

Non trova ancora unanime interpretazione la questione della responsabilità medica del professionista. La disciplina è oggi regolata dalla legge Gelli Bianco (L. 8 marzo 2017, n. 24), che ha cancellato la precedente disciplina della legge 189/2012, introducendo la causa di esclusione della punibilità per il medico imputato di omicidio colposo o lesioni personali colpose. La causa è operativa se l’evento si è verificato per imperizia, escluse le ipotesi di negligenza e imprudenza, ma sono state rispettate le raccomandazioni contenute nelle linee guida o – in mancanza – le buone pratiche clinico assistenziali.

L’applicazione della norma ha già trovato incontrato interpretazioni contrastanti. Secondo una prima pronuncia (n. 28187/2017) la disciplina precedente era più favorevole perchè aveva escluso la rilevanza penale delle condotte caratterizzate da colpa lieve in contesti regolati da linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica. La “Gelli Bianco” ha eliminato la distinzione tra colpa lieve e colpa grave per l’attribuzione della responsabilità, dettando nello stesso tempo una nuova articolata disciplina sulle linee guida che rappresentano il parametro per la valutazione della colpa per imperizia in tutte le sue espressioni.

Secondo altra interpretazone (50078/2017, invece, la nuova disciplina sarebbe più favorevole, avendo previsto una causa di esclusione dalla punibilità a favore del medico che, a determinate condizioni opera su tutti i casi di imperizia, indipendentemente dal grado della colpa.

Sul contrasto dovranno pronunciarsi le Sezioni Unite nell’udienza del 21 dicembre 2017.

fonte: Il Sole 24 Ore

Le spese per il rifacimento del lastrico solare sono a carico dei proprietari degli immobili che ne traggono utilità

Le norme dettate dal codice civile sulle spese di rifacimento del lastrico solare sono chiare nello stabilire il criterio cardine per la ripartizione delle stesse, costituito dall’utilità e dal vantaggio tratto dai proprietari degli immobili cui il lastrico solare serve in quanto funge da copertura. Di conseguenza, è corretta la scelta dell’assemblea condominiale di porre la spesa a carico dei soli proprietari i cui appartamenti ricadono nella colonna d’aria sottostante. 

c-appello-palermo-15-giugno-2017-n-1151

fonte: Il Sole 24 Ore

 

Locazioni non abitative: il mancato rilascio delle autorizzazioni costituisce inadempimento del locatore

Costituisce inadempimento del locatore la mancata concessione dei titoli autorizzativi per l’esercizio dell’attività commerciale, quando ciò dipenda da carenze intrinseche o da caratteristiche proprie del bene locato.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con sentenza del 26 luglio 2016, n. 15377, che ha stabilito che nel contratto di locazione di un immobile per uso diverso da quello di abitazione, la mancanza delle autorizzazioni o concessioni amministrative che condizionano la regolarità del bene sotto il profilo edilizio – e, in particolare, la sua abitabilità e la sua idoneità all’esercizio di un’attività commerciale – costituisce inadempimento del locatore che giustifica la risoluzione del contratto ai sensi dell’articolo 1578 c.c., a meno che il conduttore non sia a conoscenza della situazione e l’abbia consapevolmente accettata, non assumendo alcun rilievo il fatto che il locatore – riconoscendo implicitamente il proprio inadempimento – abbia presentato domanda di concessione in sanatoria e che sulla relativa istanza non ci sia stato ancora un pronunciamento definitivo.

Corte di Cassazione, sentenza 26 luglio 2016, n. 15377

Fonte: Il Sole 24 Ore

Spetta la provvigione anche in caso di intestazione dell’immobile ad un terzo

Spetta la provvigione al mediatore anche se l’appartamento visionato da un soggetto, viene successivamente intestato ad una terza persona.

Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Lecce con sentenza 28 giugno 2016, n. 688, che ha statuito che “il diritto del mediatore alla provvigione, ex art. 1755 c.c., deve essere riconosciuto in relazione alla conclusione dell’affare e non già in relazione alla conclusione del relativo negozio giuridico tra le stesse parti, cosicché il mediatore ha diritto alla provvigione anche se le parti dell’affare sostituiscano altri a se stesse nella stipulazione del contratto”. 

Corte d’appello di Lecce, sentenza 28 giugno 2016, n. 688

 

Fonte: Il sole 24 Ore

Nulla la locazione dell’immobile abusivo

E’ nullo per illiceità della causa il contratto di locazione di un immobile abusivo.

Così ha sentenziato il Tribunale di Taranto, con sentenza 27 gennaio 2015, n. 28.

Secondo il Tribunale tarantino il contratto di locazione implica l’utilizzazione del corpo del reato, identificato nell’immobile abusivo, al fine di trarne profitto, ficabile ex articolo 240 del codice penale nel canone di locazione retraibile che non è in concreto confiscabile, unitamente all’immobile realizzato abusivamente, soltanto per la prevalenza delle attribuzioni devolute all’autorità amministrativa che determinano l’acquisizione dei predetti beni al patrimonio del Comune, mentre l’applicazione degli istituti generali di diritto penale e processuale penale produrrebbe l’acquisizione al patrimonio dello Stato, ovverosia di un diverso soggetto giuridico».

Ne consegue, prosegue la sentenza, che il contratto di locazione «ha causa illecita e, di conseguenza, è nullo ex art. 1418 codice civile , in quanto diretto ad assicurare il profitto del reato mediante l’utilizzazione della cosa madre, costituente il corpo del reato, per la produzione di frutti civili». In tal modo, continua il giudice, «si consolida ed aggrava l’offesa all’interesse protetto dalla norma penale incriminatrice, pur se in un momento successivo al completamento dell’antigiuridicità della condotta penalmente rilevante, conclusasi con la realizzazione dell’immobile abusivo».

E l’illiceità della causa discende dalla configurazione normativa del negozio delineata dall’articolo 1571 del codice secondo cui «la locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo». Infatti, in simili ipotesi, le utilità che il conduttore potrà acquisire mediante il suo diritto personale di godimento «deriveranno da una cosa costituente corpo del reato, mentre il corrispettivo di tale godimento, di per sé illecito, sarà costituito dai canoni di locazione riconducibili nel novero del “profitto del reato” soggetto a confisca facoltativa».

Fonte: Il Sole 24 Ore